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Rimaste interrotte le due opere sia per l'espulsione degli esuli da Bologna (1306) sia per l'incalzare d'un nuovo e più vasto disegno che in effetti le trascendeva, quello del poema maggiore, Dante riprende il suo peregrinare. Poche le notizie certe: il 6 ottobre 1306 stipula a Sarzana la pace tra Franceschino Malaspina e il Vescovo di Luni; nel 1308 è probabilmente a Lucca; indi, dal Casentino, invia a Moroello Malaspina la Canzone Amor, da che convien, con una Epistola dichiarativa (IV). Lì dovette giungergli notizia dell'elezione di Arrigo VII al trono imperiale (1308): fatto capitale, per chi s'era ormai convinto (cfr. il trattato IV del Convivio) che solo la vacanza dell'Impero aveva consentito il prevalere dell'integralismo pontificio e provocato quindi la catastrofe di parte Bianca e il tragico disordine sociale e civile di quegli anni. Esulta pertanto il cuore dell'Esule (Epistola V, del 1310) quando Clemente V accetta di incoronare in Roma il Cesare eletto; e le due successive epistole politiche, del 1311 (VI, ai Fiorentini di dentro; VII all'Imperatore) sono chiaro documento dell'animo di chi anela a rimuovere ogni ostacolo a la discesa d'Arrigo e ad affrettare i tempi d'una desiderata, necessaria pacificazione. Per aver fiancheggiato la parte imperiale, Dante sarà così escluso dall'amnistia concessa da Firenze (nella imminenza dell'assedio d'Arrigo) ai fuorusciti: ma per suprema reverenza verso la patria che pur gli era stata noverca, egli non partecipò direttamente alle operazioni militari: manca, infatti, il suo nome nella rinnovata sentenza di condanna emanata dal Comune nel marzo 1313. La sua azione si era invece, e assai più validamente, svolta sul piano teorico, nel trattato latino in tre libri intitolato alla Monarchia: probabilmente composto all'atto della discesa di Arrigo e vòlto a mostrare la necessità della monarchia pel benessere del mondo nonché l'indipendenza dell'Imperatore dal Pontefice. Morto Arrigo a Buonconvento (24 agosto 1313), tramontarono definitivamente i sogni e le speranze del poeta, che dopo aver soggiornato qualche tempo in Toscana (forse presso Uguccione della Faggiuola, signore di Lucca) tornò verso il 1316 nell'Italia del Nord, a Verona, ove Cangrande, vigoroso e impetuoso Vicario imperiale, veniva realizzando il suo audace disegno di un potente stato ghibellino. A questi anni risalgono le tre ultime Epistole a noi note, la XI (ai Cardinali italiani raccolti in Conclave dopo la morte di Clemente: giugno 1314), la XII (a un Amico fiorentino, per rifiutare una amnistia a condizioni umilianti: maggio 1315) e la XIII, con la quale, nel 1316, egli dedica a Cangrande la cantica del Paradiso, appena iniziata, e ne offre un saggio di commento, assieme a un importantissimo inquadramento generale dei significati e del fine della Commedia. |
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