Benedetto XI manda nel marzo 1304 a Firenze, quale paciaro, il Cardinale Niccolò da Prato. Ma le trattative (documentate anche da una Epistola dantesca al Cardinale) naufragarono per l'intransigenza dei Neri. Si venne ancora alle armi; e dopo la infausta giornata della Lastra (20 luglio 1304) naufragarono definitivamente i sogni di una imminente rivincita. In quei giorni Dante aveva però già "fatta parte per se stesso" (Par. XVII 69), dopo forti contrasti (ibid. 64-6) sulla politica da adottare. L'amor di patria era in lui più forte che l'amor di parte: sono i sentimenti che emergono sia dalla già citata Epistola I, sia dal Congedo della grande Canzone dell'esilio, Tre donne intorno al cor (1304), ispirata tutta all'amore per la Giustizia e al desiderio di conciliazione; e che animeranno la poesia dell'episodio di Farinata (Inf. X). Staccatosi dalla "parte selvaggia", Dante è veramente esule e solo, costretto ad andare povero e ramingo per quasi tutte le parti d'Italia (Convivio I III). Poche le notizie certe delle sue peregrinazioni. Fra il 1304 e il 1306 lo accolse Bologna, città propizia agli studi e che già gli aveva offerto in gioventù materia al poetare; lì furono probabilmente disegnate e in parte composte due opere dense di dottrina, che mostrano una fervida ripresa di studi filosofici e retorici e un ulteriore allargarsi di prospettive letterarie, culturali, civili e politiche: il Convivio e il De vulgari Eloquentia. Dante vuole con esse innalzare la sua fama di studioso, al fine di ottenere la revoca della condanna: un'altra delle sue illusioni di poeta. La nostalgia della patria lontana, la speranza del ritorno, animano infatti con accenti commossi entrambi i trattati, anche se Dante si proclama con nobili accenti cittadino del mondo.

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