|
Quando Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello, era alle porte di Firenze (inviato da Bonifacio quale paciere, ma con lo scopo segreto di favorire i Donati), e il 4 ottobre 1301, giunto a Castel della Pieve, si univa ai Neri là confinati, la Signoria preferì mandare ambasciatori al papa. Tra essi fu l'Alighieri, che pure aveva propugnato ben diversa politica. Partito nella seconda metà d'ottobre, non doveva più rientrare in Firenze. Entrato il 1° novembre Carlo di Valois, il 4, alla spicciolata, tornarono i più facinorosi fra i Neri; e iniziarono così i processi contro i Bianchi, accusati di ghibellinismo e di frodi nell'amministrazione della cosa pubblica. Il 27 gennaio 1302 Cante Gabrielli da Gubbio, podestà nominato dai Neri, condannava Dante (solo colpevole d'essersi opposto alle mire del pontefice) a pagare 5000 fiorini e a restare due anni fuori di Toscana; il 10 marzo, non essendosi egli presentato a pagare, fu pronunciata la sua condanna a morte. Dante era in quel mentre sulla via del ritorno da Roma. Si unì allora agli altri esuli (Bianchi e Ghibellini) che, muovendo dalle terre mugellane di Ugolino Ubaldini, tentavano di rientrare in città con le armi. L'8 giugno 1302, è tra i firmatari, a San Godenzo, di un impegno a risarcire gli ospiti per i danni derivanti dalla guerra. Nel 1303, per procacciare alleati, si reca a Forlì presso gli Ordelaffi e a Verona presso Bartolomeo della Scala. Morto nell'ottobre di quell'anno Bonifacio, nel cuore degli esuli, concentrati nell'Aretino, risorge la speranza. |
|