La prima esperienza poetica dell'Alighieri si venne in tal modo svolgendo entro schemi sicilianeggianti e guittoniani (corrispondenza con Dante da Maiano) e poi subito cavalcantiani (e alla graziosa levità di alcune ballate si affiancheranno allora accenti di doloroso turbamento e di amore tormentoso, in nuove e più drammatiche forme stilistiche); ma acquisterà poi uno spiccato carattere di individualità, quando con le cosiddette "rime di loda" per Beatrice, il poeta, con un colpo d'ala, saprà e vorrà staccarsi dai moduli della poesia amorosa tradizionale, sviluppando appieno la lezione del Guinizzelli e trascendendola, con la canzone Donne,ch'avete intelletto d'amore, vero e proprio manifesto poetico delle "nove rime" (cfr. Purg. XXIV 50-51). Con esse davvero il poeta esce fuori "de la volgare schiera" (Inf. II 105), distinguendosi per nobiltà di ispirazione e magistero di stile dagli altri rimatori in volgare. Sotto la spinta di nuove conquiste ideologiche e pragmatiche, con le "rime di loda" Dante si fa adesso assertore di una poesia amorosa tutta legata alla scoperta del valore analogico della bellezza di Beatrice donna quale mezzo di conoscenza metafisica del divino (posizione culturale che nutrirà di sé plenariamente le linee maestre del Paradiso) e insieme pienamente conscia della necessità di rinunciare (entro la nozione letteraria e teologico filosofica dell'amore "gratuito", mediata da Cicerone e dai trattatisti dell'amore dei secoli XII-XIII) ad ogni speranza e desiderio di concreta remunerazione: un terreno sul quale avverrà lo scontro, prima ideologico che letterario, con Guido Cavalcanti, l'amico di un tempo (e ne conseguirà il distacco sottolineato a Inf. X 58-63). Tali nuove conquiste, indubbio frutto di nuove letture (alla morte di Beatrice Portinari avvenuta l'8 giugno 1290 seguì, come il poeta stesso ci dice, un periodo di studi severi) particolarmente da Boezio, Cicerone, Agostino, Aristotele ed altri testi filosofici, sono dal poeta cristallizzate paradigmaticamente nella sua Vita Nuova che, attorno al 1293, raccoglie in una cornice prosastica (dunque un prosimetrum sull'esempio del De Consolatione di Boezio ma anche della originaria concezione del Tesoretto del Latini e di alcune razos provenzali) 31 componimenti composti fra il 1283 e il 1291, organizzati in una trama fantastica e concettuale che vuol essere ripensamento, sul filo ideale del "libro della memoria", degli avvenimenti e dei momenti fondamentali dell'amore per Beatrice, dal primo incontro (avvenuto all'età di nove anni) alla "mirabile visione" (seguita alla sua morte) di quell'angiola giovanissima contemplata in gloria; probabile primo germe, sia pure embrionale, di quella che sarà, al tempo della Commedia, la glorificazione di Beatrice "nel trono che i suoi merti le sortiro" (Par. XXXI 69).

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