Dopo i primi precoci studi (come allora usava) di grammatica e retorica, ecco i contatti, però non ancora determinanti, con gli auctores latini, e i frequenti incontri con l'ambiente culturale fiorentino che grandemente favorì nel giovinetto una naturale, spontanea inclinazione alla poesia. In ordine di tempo e di importanza, primo l'incontro con Brunetto Latini, rientrato in Firenze dall'esilio di Francia nel 1266 e ivi morto nel 1294 dopo aver ricoperto cariche importanti (fra cui quella di Cancelliere del Comune e, nel 1287, di Priore) e aver "digrossato" i fiorentini avviandoli e spronandoli con documenti di sapienza retorica e di viver civile. Oggi più non si crede ch'egli sia stato, in senso proprio, il "maestro" di Dante: certo però che, per ammissione dello stesso poeta, gli insegnò ad ogni modo "come l'uom s'etterna" (Inf. XV 85): cioè come lascia durevole traccia di sé con le proprie opere letterarie (ibid. 119-120). Tirocinio retorico e letterario, insomma, provato da numerosi imprestiti da testi brunettiani presenti nel Dante maggiore e minore, latino e italiano, e nell'ambito del quale vanno collocati quegli esercizi, condotti con piglio quanto mai franco e sicuro, e a non grande distanza l'uno dall'altro, che sono il Detto d'Amore e il Fiore (riduzioni in versi italiani del Roman de la Rose): che appunto si muovono nell'ambito della tecnica retorica e della cultura di volgarizzatore cara al Latini (e sia pure con una vivissima e schietta apertura verso la res iocosa) e la cui attribuzione all'Alighieri, ancor oggi non condivisa in maniera concorde dalla critica, può essere saldamente documentata attraverso una rigorosa indagine di ordine stilistico, che misuri le qualità concrete di quell'arte in rapporto agli altri rimatori, e che insieme riproponga su nuove basi sia il problema cronologico sia la caratterizzazione stessa di quei componimenti entro la biografia intellettuale dell'Alighieri e la sua disponibilità, di volta in volta, a nuovi sperimentalismi (rifusi poi tutti nel crogiolo del poema maggiore). Accanto alla "imagine paterna" di Brunetto, si collocano i rimatori fiorentini che operavano nella scia della scuola siciliana e di Guittone, cerchia la cui produzione poetica è raccolta nel codice Vaticano 3793 (del sec. XIII), fratello gemello del Canzoniere prestilnovista ove Dante compié i suoi giovanili esercizi di lettura. Ma su tutti, per l'importanza degli influssi e quindi degli sviluppi concreti dell'arte dantesca, la poesia e l'amicizia di Guido Cavalcanti: il "primo amico" cui Dante, raggiunta la maggiore età (per lui orfano di padre rappresentata dai 18 anni) e prossimo a prendere in moglie, attorno il 1285, Gemma Donati (destinatagli già nel 1277) inviò il sonetto A ciascun'alma presa e gentil core, dopo quasi due lustri collocato in apertura alla Vita Nuova, appunto a lui dedicata.

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