L'inserirsi della nobiltà feudale nella vita economica e politica cittadina (man mano che la vivace espansione comunale piegava e costringeva ad inurbarsi i feudatari finitimi) aveva infatti portato a forti contrasti di interessi; nel 1216, dopo l'uccisione di Buondelmonte de' Buondelmonti da parte degli Amidei (Par. XVI 136-147) le famiglie magnatizie si divisero così in due opposte fazioni, schierate l'una coi Guelfi e l'altra coi Ghibellini, mentre il popolo, grasso e minuto, rimaneva all'inizio fuori della lotta. L'appoggio di Federico II condusse i Ghibellini (capeggiati dagli Uberti) al potere nel 1248; ma la sua morte, cui seguì il crollo della parte imperiale in Italia, consentì al Popolo grasso, nell'ottobre 1250, di insorgere (mentre i Guelfi erano ancora in esilio) e di impadronirsi del Comune. È il cosiddetto "primo Popolo" o "Popolo vecchio", che dura per dieci anni, fino alla sconfitta delle forze comunali a Montaperti (4 settembre 1260), ad opera dei fuorusciti Ghibellini, dei Senesi, dei cavalieri teutonici di Manfredi: "'1 grande scempio Che fece l'Arbia colorata in rosso" (Inf. X 85-6). Fu posta allora in gioco l'esistenza stessa della città, non rasa al suolo dai vincitori solo per l'opposizione generosa, nella dieta d'Empoli, di Farinata degli Uberti, "colui che la difese a viso aperto" (Inf. X 93), ma che vide annullati i nuovi ordinamenti e le conquiste di parte democratica. Il sangue versato a Montaperti e le rappresaglie ghibelline segnarono d'altronde il definitivo orientamento guelfo del popolo e del Comune. Dopo la battaglia di Benevento (26 febbraio 1266) ove Carlo d'Angiò sgominava Manfredi e il partito ghibellino, Firenze gravitò così sempre maggiormente entro la sfera d'influenza angioina e papale, non senza fieri contrasti sociali dovuti alla politica decisamente antimagnatizia del Comune guelfo (soprattutto dopo il Priorato delle Arti, 1282, e il "secondo Popolo") e conflitti esterni, dovuti al proseguire di una vigorosa azione di conquista. Questi gli avvenimenti, gravidi degli sviluppi che alcuni anni più tardi lo vedranno non più giovane spettatore ma deciso attore, entro i quali Dante visse puerizia e giovinezza; e ne trasse avvìo alle future meditazioni. Mortagli prestissimo la madre, e risposatosi Alighiero con Lapa di Chiarissimo Cialuffi, ebbe l'infanzia almeno allietata dalla compagnia d'una sorella maggiore, presto sposa a Leone Poggi, e poi da Francesco e Tana (Gaetana), fratelli di secondo letto.

PAGINA 3 DI 13